"Fate qualcosa che scandalizzi noi vecchi": così era solito dire Giovanni Fattori ai suoi allievi.
E dunque, per presentare Enzo Neri, nessuna citazione sembra più appropriata.
A suo tempo infatti anche Fattori scandalizzò i "vecchi" con la sua pittura che, proprio perché innovativa, fu sbeffeggiata dalla critica tradizionale e appellata con disprezzo come "macchiaiola": si trattava di un’arte "volta a proclamare il vero" come scrisse Diego Martinelli nel 1895 e che, come spiegò lo stesso Fattori, "porta lo studio accurato della società presente... mostra le piaghe da cui è afflitta". Un’arte insomma che mirava ad indagare la contemporaneità, concentrando la sua attenzione sui grandi problemi del tempo.
Dalla fine dell’ottocento a oggi però molto è cambiato.
Siamo nel terzo millennio e tutti i fondamenti del vecchio sapere sono caduti, ci troviamo nel bel mezzo dell’era nucleare, della conquista dello spazio, della rivoluzione mediatica, del dramma ecologico, della tecnologia, di Internet, delle grandi scoperte che hanno sconvolto radicalmente i concetti di spazio, tempo, vita ...
Come è possibile dunque continuare a dipingere paesaggi e scene campestri quando la realtà che ci circonda è così cambiata?
Di qui la scelta di Enzo Neri che, abbandonata la pittura tradizionale già da quasi cinquant’anni, si è avventurato in una ricerca artistica controcorrente rispetto al clima culturale da cui proviene, adottando un linguaggio artistico contemporaneo e dal respiro universale, fatto di nuovi materiali e nuovi codici espressivi. capaci di spingere l’immaginazione dello spettatore oltre il visibile.